domenica, 24 Settembre 2023

La difficile riapertura dei negozi di abbigliamento

Il mondo della moda, tra i più colpiti dalla pandemia da Covid-19, se da una parte è stato il primo a contribuire in termini economici e di realizzazione dei dispostivi di protezione come le mascherine, si trova purtroppo ad essere anche tra i settori più in difficoltà per la ripresa di lunedì 18 maggio, soprattutto nella vendita al dettaglio.

Le incognite da risolvere sono diverse, prima fra tutte i magazzini riempiti con merce che ha saltato la stagione e per i cui saldi bisognerà attendere agosto, come previsto dalle nuove disposizioni ministeriali.

Alla riapertura delle attività, quanti cittadini saranno effettivamente disposti a fare shopping, considerando l’inevitabile crisi che ha duramente colpito tutti i settori dell’economia italiana? Quanti realmente si sentiranno sicuri a recarsi in un punto vendita e provare i capi? Come sarà possibile disinfettare ogni volta capi e camerini di prova?

Al vaglio della task force di tecnici diverse ipotesi.

Non essendo possibile una sanificazione dei capi dopo ogni prova, in quanto non è stato ancora individuato un prodotto impiegabile allo scopi e soprattutto una volta sanificato non sarebbe più un capo nuovo, un’ipotesi sarebbe quella di arieggiare il capo indossato dal cliente per la prova fino al giorno successivo in quanto il virus su capi inanimati smetterebbe di essere attivo dopo circa 8 ore. Ipotesi solo al vaglio, ma non amata dagli esercenti e piuttosto complessa da attuare.

Si aggiunga poi quanto i dati provenienti dall’e-commerce non siano confortanti per i titolari delle attività al dettaglio: vista l’attuale situazione i siti di vendita online hanno fatto un ulteriore passo avanti, in un settore che già negli ultimi anni risentiva della crisi.

Molti brand con numerose filiali sul territorio avevano già in passato sperimentato l’e-commerce, che ha generato la chiusura di diversi punti vendita anche nelle grandi città, dopo due mesi in cui il fatturato, inevitabilmente sceso a livelli molto bassi, saranno ancora disposti a mantenere attivi tutti i punti vendita attualmente presenti?

Il caso di H&M a Milano desta preoccupazione nel settore con la prossima chiusura di due punti vendita in zone-chiave della città.

Quale sarà davvero il futuro dei negozi di abbigliamento italiani, soprattutto di boutique e negozi storici familiari non associati a brands o franchising, che si collocano in una fascia di vendita media? E che dire delle attività di “fashion ranting” che permettono a chi desidera un abito, per un’occasione speciale, di riceverlo perfettamente pulito e disinfettato a casa propria evitando code e ricerche negli appositi show room?

Silvia Ramilli

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