Ha avuto inizio oggi, lunedì 24 gennaio alle 15, la grande votazione a Montecitorio a Roma per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, il suo tredicesimo.
Nell’ordine sono attesi al voto i senatori a vita, le due camere quindi le camere regionali. Postazioni esterne al palazzo sono quelle allestite per i positivi al Covid, mentre all’interno nuove cabine elettorali garantiscono sicurezza al voto e ai votanti, in tempo di pandemia.
Le votazioni prevedono un quorum per i primi tre scrutini dei 2/3 dell’assemblea; il quorum dal quarto scrutinio dovrà avere la maggioranza assoluta. Ma perché aspettare la quarta votazione? Perché dare per scontato che alla prima le schede saranno pressoché tutte bianche? Perché ad oggi il famoso nome di un “candidato condiviso”, uomo “super partes” non è venuto fuori dalle consultazioni dei giorni scorsi. Il cosiddetto “accordo largo” tra le parti non c’è stato e allora ci vorranno più votazioni prima di formulare il nome del successore di Sergio Mattarella.
In attesa di conoscere nei prossimi giorni l’esito della votazione, che indubbiamente cade in un momento storico molto delicato di per sé, numerosi osservatori vicini alla politica italiana, ampiamente condivisibili, stanno commentando che la “crisi di sistema” doveva essere risolta nelle scorse settimane; che l’Italia e gli italiani tormentati dalla pandemia e dai suoi effetti, dall’inflazione, da mille difficoltà forse meritavano risposte chiare dalla politica, che la politica ancora oggi non sta dando. Le procedure odierne di votazione del nuovo Presidente rischiano di apparire un’ennesima perdita di tempo, frutto di un meccanismo che permette anche l’irresponsabilità.
Al Paese non rimane che attendere.