Un sibilo, una corsa all’indietro lungo i cavi fino al primo pilone, poi la cabina della funivia, in fase di salita da Stresa, sul lago Maggiore, alla vetta del Mottarone (1491 metri), è precipitata nel vuoto per una quindicina di metri portando con sè quattordici vite umane.
Mentre continua a combattere per la vita l’unico superstite della tragedia che si è consumata nella tarda mattinata di ieri, domenica 23 maggio, con il volo nel bosco della cabina della funivia che sale dal lago alla cima del monte, nota meta turistica soprattutto per le famiglie, due sembrano essere le concause che hanno provocato il grave incidente: il cavo traente che sosteneva la funivia in arrivo al monte si è spezzato, avviando il suo inesorabile scivolamento all’indietro, e il freno di emergenza non l’ha bloccata così che, raggiunto il primo pilone, la cabina si è staccata dall’impianto precipitando nella pineta sottostante.
Il tutto è ancora in forma di ipotesi: i tecnici preposti e le autorità stanno conducendo da ieri tutti i rilievi del caso, per stabilire l’esatta dinamica di quanto accaduto. Alla Procura di Verbania è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo.
Alcuni testimoni hanno raccontato di aver sentito un sibilo prima dello schianto. Alcuni dei quattordici passeggeri deceduti, che presumibilmente hanno avuto tutto il tempo per capire cosa stava accadendo, sono stati sbalzati fuori, mentre il mezzo rotolava tra le piante, altri sono rimasti incastrati nelle lamiere della cabina.
All’ospedale sono arrivati due bambini: quello cosciente che in queste ore lotta tra la vita e la morte, ed un altro che non ce l’ha fatta in serata. Entrambi non sono deceduti sul colpo grazie, come si crede, al gesto istintivo di protezione da parte dei loro genitori, compiuto in quei dieci secondi prima della fine.