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CASA – La ristrutturazione si fara’ senza permesso

Ristrutturazioni più facili, niente lungaggini e permessi per rifarsi la casa. Se la bozza approvata dal Consiglio dei Ministri verrà confermata, si dovrebbe poter iniziare i lavori senza presentare alcun progetto al proprio Comune di residenza, persino in caso di interventi su parti strutturali degli edifici. E poi una serie di semplificazioni a cascata. Sono queste le principali novità in materia edilizia del decreto «SbloccaItalia». L’intenzione è chiara: snellire le procedure. E, dove possibile, magari ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese (ma senza gravare sulle finanze pubbliche), puntando anche sul recupero del patrimonio esistente.
Le misure che più da vicino interesseranno la vita quotidiana degli italiani, sono quelle sulle ristrutturazioni. La rivoluzione sarà equiparare la manutenzione straordinaria a quella ordinaria: l’abbattimento di un muro, quindi, sarebbe parificato ad una banale riparazione.

Tutto senza «titolo abilitativo», ovvero con una semplice comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila), a patto che non comporti un aumento dell’unità immobiliare o una modifica di destinazione d’uso.
Resta ancora qualche dubbio su cosa succederà ad alcuni vincoli esistenti, come ad esempio l’autorizzazione del genio civile che serve per intervenire su elementi portanti. Possibile che vengano scaricati interamente sulla relazione del perito, che completa la comunicazione e assume un’implicazione anche «pubblica».
L’altra grande novità è su frazionamenti e accorpamenti delle unità immobiliari: la divisione, ad esempio, di una grande casa in due appartamenti distinti. O comunque tutti gli interventi che comportano una variazione del «carico urbanistico» (il complesso di esigenze a cui il territorio deve far fronte per un edificio). Per questo tipo di lavori, fino ad oggi, la normativa prevedeva una Denuncia di inizio attività (Dia), o addirittura un vero e proprio permesso di costruzione. D’ora in poi verranno classificati come «manutenzione straordinaria», e richiederanno solo una Segnalazione certificata di inizio attività (Scia). Con la possibilità, dunque, di far partire subito le operazioni, senza attendere alcun periodo di verifica.
Il decreto punta anche a una maggior collaborazione tra Stato e privato, attraverso dei nuovi «permessi di costruzione convenzionati». Il costruttore firma un «contratto» con l’ente locale, con cui si impegna a soddisfare determinati interessi di carattere pubblico. In cambio, ottiene il rilascio del titolo edilizio e altri vantaggi. Di che tipo non è specificato: il testo si rimette alle singole convenzioni, ma si tratta probabilmente di questioni di natura amministrativa e procedurale. Sicuramente non economica, visto che il decreto specifica che «non devono derivare maggiori oneri per la finanza pubblica».
Di minor portata appare, invece, la possibilità di realizzare mediante semplice Dia le varianti a permessi di costruzione. Più che una modifica, una specificazione alla normativa vigente, che già da qualche anno va in questa direzione.
Nel testo si parla anche di riqualificazione: in particolare, i Comuni potranno introdurre una maggiore differenziazione d’onere fra costruzioni nuove e ristrutturazioni.
Il decreto deve ancora essere discusso dai vari ministeri, ma, rispetto ad altre parti, quella sulle semplificazioni non presenta problemi di coperture e non ci sono resistenze da parte del Tesoro. Si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per avere il quadro definitivo. Poi i lavori potranno partire.

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