Sono tutti rientrati a casa, chi in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia o Libano, Senegal, Burkina Faso, Chad e Costa d’Avorio, i rover e le scolte scout che hanno partecipato all’impresa della Freccia Rossa della Solidarietà: dieci giorni per attraversare nove Paesi e oltre 2.700 km su venti Vespa 125cc da Milano a Stavanger, Norvegia, dove hanno raggiunto oltre 5mila loro fratelli e sorelle scout di trentotto nazionalità diverse, riunitisi per il quadriennale Roverway, l’evento dello scautismo europeo dedicato alla fascia 16-22 anni.
Dopo la partenza di venerdì 19 luglio dal Cortile della Rocchetta al Castello Sforzesco di Milano, da cui partì 75 anni fa la Freccia Rossa della Bontà per i mutilatini di don Gnocchi con i suoi 25 Guzzini, le tappe si è proceduto a tappe forzate dal Sempione all’Alsazia in direzione Strasburgo e poi verso Bruxelles e L’Aja, tappe fondamentali per il messaggio della spedizione: scritto da don Gino Rigoldi, vuole dare voce ai minori migranti soli. Indicati dalla burocrazia come minori stranieri non accompagnati (MSNA), hanno spesso l’età dei nostri scout e compiono anch’essi lunghi viaggi attraverso i continenti, ma non per avventura, per gioco o sfida, quanto per sopravvivere.
“Valicare una decina di confini diversi senza dover mostrare un documento, confini irrigati dal sangue dei nostri nonni e avi, risveglia la consapevolezza di quale rivoluzione sia stata l’Unione Europea, l’unica rivoluzione del ‘900 che abbia davvero funzionato”, ha detto Roberto Cociancich, capocampo dell’impresa. E l’ha detto davanti alla miniera de La Marcinelle, dove nel 1956 morirono 262 minatori dei quali 136 erano immigrati italiani. “L’Unione Europea – ha aggiunto Cociancich – è nata dalla CECA, dal carbone che si estraeva qua col lavoro degli immigrati. Poco oltre, sulla strada per Bruxelles, il campo di battaglia di Waterloo è il punto di sutura di quella linea di sangue che dalle trincee di Maginot cuce le ferite delle guerre civili europee”.
Nella “capitale dell’Unione”, alcuni scout italiani che oggi lavorano per la Commissione Europea e corrispettivi belgi hanno accolto la spedizione per raccoglierne il messaggio e condividere le esperienze che l’associazione belga Les Scouts ha messo in campo per l’inclusione degli stranieri all’interno delle proprie attività (spesso coinvolgendo direttamente i centri di accoglienza). L’incontro è stato possibile grazie agli scout italiani del gruppo internazionale di Bruxelles al Foyer Catolique Européen. Diversi gli incontri con altri scout, di certo affascinati dalla vista delle Vespa rosse fiammanti, ma anche dallo scopo dell’iniziativa: la Freccia Rossa ha raggiunto il Centro Scout Internazionale di Kandersteg, in Svizzera, e “la città degli scout” della lussemburghese Wiltz, ma anche sedi e campi locali come ad Amburgo dove si è giunti per l’anniversario del bombardamento che la devastò.
Come si legge in una nota, il cuore della spedizione, della route in gergo scout, è stata ovviamente la strada: con il sole, la pioggia, il caldo dei primi giorni o il freddo degli ultimi, i giovani (e i “meno giovani” capi) della Freccia Rossa hanno percorso anche tappe da oltre 300 km al giorno su strade secondarie e non senza intoppi o imprevisti. Inevitabile qualche incidente, per fortuna senza conseguenze sui partecipanti, anche se qualche danno le piccole Vespa hanno dovuto incassarlo: 19 sono comunque arrivate a Stavanger salutate da due ali di scout in attesa.
Durante i quattro giorni di permanenza al campo internazionale gli scout della Freccia Rossa e le Vespa sono stati tra le attrazioni principali e, grazie allo spazio messo a disposizione dal Museo dello Scautismo Norvegese al centro del campo, i “vespisti” hanno potuto raccontare la loro esperienza e il suo contenuto ai coetanei provenienti da tutta Europa e oltre.