Non sarebbe stato lo stesso virus a colpire nelle due zone della Lombardia, a cui si è guardato con maggiore apprensione nei mesi scorsi, per i casi di Covid-19.
I risultati di uno studio condotto all’ospedale di Niguarda a Milano, nelle scorse settimane, ha rivelato l’esistenza di due diversi ceppi del Coronavirus: uno circolato nella zona di Bergamo, l’altro nei territori di Cremona e Lodi. Due virus diversi tra di loro, per sequenza genetica e caratteristiche, che hanno provocato due diversi focolai.
La scoperta è stata presentata nel corso di un convegno, cui hanno partecipato virologi ed epidemiologi coordinati da Mario Viganò dell’associazione culturale “Nova Ticinum”, incontro cui ha partecipato anche Fausto Baldanti, direttore della Virologia dell’ospedale San Matteo di Pavia, che ha spiegato che il Covid-19 circolava nella zona rossa di Codogno già dalla metà di gennaio, e che l’immunità di gregge è ancora lontana, poiché soltanto il 23% della popolazione ha incontrato il virus.
Al dibattito hanno partecipato anche Raffaele Bruno, primario di Malattie Infettive a Pavia, e Cesare Perotti, primario del Servizio di Immunoematologia e Trasfusione, che ha illustrato i risultati della “plasma terapia”. Il plasma iperimmune, raccolto da pazienti guariti che lo hanno donato, è a disposizione per far fronte ad una eventuale nuova ondata di contagi. A maggior ragione nelle zone differenti, dove si sono scoperti i due ceppi differenti del virus.