A chiusura delle indagini preliminari condotte dai Carabinieri Forestali del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale di Varese e della Stazione Carabinieri Forestale di Luino, è stato ipotizzato l’inquinamento ambientale nel torrente Ronè, scaturito da una gestione illecita di rifiuti da parte di una ditta attiva nella produzione di contenitori per l’industria cosmetica.
Come spiegato dall’Arma in una nota, le indagini erano partite a gennaio 2021 quando, in seguito ad una frana si era verificata la rottura della fognatura pubblica, che aveva provocato lo sversamento di un ingente quantitativo di sostanza reflua nel torrente Ronè. Da questo l’alterazione della colorazione delle acque, con la presenza in modo significativo della sostanza inquinante costituita da un fango di colore verde, disciolto lungo circa 150 metri dell’alveo del torrente.
Dalle successive analisi di laboratorio, è emerso che il refluo contenesse altissime concentrazioni di sostanze tossiche: acidi e metalli pesanti quali cromo e alluminio.
Gli accertamenti hanno permesso di risalire al presunto autore della gestione illecita dello sversamento. La ditta responsabile avrebbe diluito abusivamente i fanghi contenenti le sostanze inquinanti nell’impianto di depurazione, inadeguato al trattamento di questo tipo di rifiuti, e li avrebbe immessi nella fogna pubblica anziché smaltirli a norma di legge.
Il legale rappresentante della ditta è stato denunciato per il reato di inquinamento ambientale: tra il 2018 e il 2021 i rifiuti pericolosi prodotti sarebbero corrisposti a circa 172mila chili di acidi, 2milioni e mezzo di chili di fanghi e residui di filtrazione, derivanti dal procedimento industriale. Le operazioni di bonifica del corso d’acqua sono già state eseguite per evitare ulteriori danni, e ripristinare la salute dell’ambiente.