Pranzo di Natale o cenone della Vigilia?
È la domanda che divide famiglie, crea fazioni, e manda in tilt intere generazioni. Due mondi opposti, due filosofie di vita, e per alcuni due appuntamenti obbligatori nel giro di 24 ore. Un doppio salto mortale tra piatti da portata e pettegolezzi di famiglia. Sopravvivere è possibile? Sì. Farlo con stile è necessario.
La Vigilia è per chi crede nelle regole, nella sobrietà apparente, nella tradizione che non ammette deroghe. Si cena “di magro”, pesce.
Antipasti crudi marinati, gamberi rossi, tartare, salmone, l’immancabile caviale e magari qualche ostrica.
Seguono primi delicati come spaghetti alle vongole o risotto alla pescatora, e poi il protagonista: l’orata o il branzino al forno, magari con una guarnizione di agrumi, perché la decorazione conta.
E poi arriva il pranzo di Natale.
Lì dove la Vigilia è misura, il pranzo è l’esatto opposto.
Inizia alle 12 come da perfetta tradizione meneghina e finisce a orari imprecisati, quando l’ultimo parente si accascia sul divano slacciando il bottone dei jeans in cui non entra più.
Il menù è un’esplosione di ricette regionali e tradizioni familiari: tortellini in brodo che richiedono giorni di preparazione, lasagne stratificate come opere d’arte, arrosti maestosi, capitoni fritti per chi ancora non ha paura di osare.
E poi i dolci: panettone, pandoro, torrone, e quel semifreddo fatto in casa che nonna insiste nel servire anche se è ancora congelato.
Chi sceglie il pranzo di Natale?
Gli epicurei, i nostalgici, quelli che vivono per la convivialità e che non si fermano fino a quando ogni piatto non è vuoto. È il momento in cui tutto è concesso, tranne saltare una portata. E poi c’è invece chi per evitare faide familiari è costretto a dover onorare sia il cenone della Vigilia, sia il pranzo di Natale. Come sopravvivere quindi alla kermesse senza trasformarsi in un tacchino ripieno? La parola d’ordine è: strategia.
Per la Vigilia assolutamente limitare gli antipasti e i brindisi.
Per il pranzo di Natale mangiare lentamente e provare a saltare qualche portata.
Parlare molto è il “segreto salvezza”. Fare domande ai parenti, interessarsi alle vite degli altri fa volare il tempo ed evita il surplus di tartufi al cioccolato e pandoro con salsa al mascarpone.
E per il 26? Una tisana e una lunga passeggiata a passo sostenuto.
In conclusione pranzo o cenone che sia, l’importante è ricordarsi di saper scegliere cosa e soprattutto quanto mangiare, consolandosi con il pensiero che se vince il panettone gennaio è il mese del “Veganuary”, quando il detox è d’obbligo.