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Oggi è la Giornata mondiale contro l’AIDS

(Foto da web)

Mentre a livello mondiale non è stata mai abbassata la guardia, contro la diffusione del virus dell’AIDS, l’infezione, se non è in aumento, non è nemmeno in calo, come riferiscono i risultati delle indagini mediche e scientifiche condotte anche in Europa.

Oggi, sabato 1 dicembre, si celebra la Giornata mondiale per la lotta all’AIDS, con una stima che i nuovi casi di infezione da Hiv sono stabili sia in Italia, sia negli altri Paesi europei, mentre tra i più giovani calano troppo lentamente, come indicato dal Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità e dall’Unicef.

In una nota diffusa dall’ISS, l’incidenza delle nuove diagnosi di Hiv ha presentato una leggera diminuzione tra il 2012 e il 2015, con un andamento pressoché stabile dopo il 2015, mentre l’anno scorso, nel 2017, l’incidenza maggiore di infezione da Hiv è stata registrata tra soggetti nella fascia di età 25- 29 anni. E la via di trasmissione principale dell’infezione sono i rapporti eterosessuali, considerati troppo spesso “sicuri” anche senza precauzioni.

La disinformazione, o un’informazione scorretta ed incompleta sui rischi di contagio, ancora poco chiara ed esaustiva, sembrano tra le cause maggiori che compromettono la sicurezza.

Le statistiche forniscono dati precisi sulla situazione, cui è necessario guardare con nuove politiche ed interventi. Come riportato da ANSA: “Attualmente nel mondo 3 milioni di bambini e adolescenti sono sieropositivi, e ogni giorno quasi 700 adolescenti tra i 10 e 19 anni diventano sieropositivi. Anche se entro il 2030 il numero di nuovi contagi da Hiv tra i bambini sotto i 10 anni sarà dimezzato, quello tra gli adolescenti calerà solo del 29%. Progressi troppo lenti per l’Unicef, secondo cui da qui al 2030, circa 360.000 adolescenti moriranno per malattie collegate all’AIDS, in assenza di investimenti nei programmi di prevenzione, diagnosi e cura dell’Hiv. Una situazione su cui incide anche una percezione del rischio da Hiv ancora molto confusa, una scarsa propensione a ricorrere al test e un mancato uso del profilattico, che tra i giovanissimi può superare il 50%, come segnala la Lega italiana per la lotta contro l’AIDS”.

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