C’è una grazia sottile negli errori quando smettono di essere inciampo e si fanno occasione.
Era il 1972, al Bar Basso di Milano, Mirko Stocchetto stava lavorando dietro al bancone. Un ordine semplice, un Negroni.
Ma qualcosa va storto, anziché versare gin, erroneamente finisce nel bicchiere una dose di spumante brut.
Stocchetto non rimedia, lascia così e lo serve, al cliente piace.
Nasce così il “Negroni sbagliato” un’imprecisione trasformata in sapienza, non un’alternativa ma un cocktail autonomo, strutturato, con una logica tutta sua.
Più lieve del Negroni storico, meno alcolico, a Milano si è affermato quasi subito come icona, ma la sua traiettoria è diventata internazionale solo più tardi, con il culto riscoperto della mixology italiana e l’attenzione globale ai grandi bar classici. Oggi è uno dei drink più ordinati nei locali “in” di Londra, Parigi, Tokyo.
L’equilibrio, se ben rispettato, è preciso al millimetro, per riprodurlo a casa e fare un figurone servono solo tre ingredienti:
3 cl di vermouth rosso
3 cl di bitter Campari
3 cl di spumante brut metodo classico, ben freddo (mai Prosecco però)
Versare vermouth e bitter in un tumbler basso colmo di ghiaccio e mescolare leggermente.
Completare con lo spumante versato delicatamente guarnendo con mezza fetta d’arancia.
L’abbinamento gastronomico per un aperitivo perfetto va studiato con attenzione.
Gli stuzzichini devono tenere il passo con l’amaro bilanciato del drink e non sopraffarlo, quindi l’ideale sono elementi salini e acidi come ad esempio acciughe del Cantabrico su crostino di pane nero e burro salato, olive taggiasche denocciolate, servite fredde con zest di limone oppure cubetti di parmigiano 30 mesi con goccia di aceto balsamico tradizionale
Niente sovrastrutture, solo materia prima e misura perché il “Negroni sbagliato” oggi è entrato di diritto tra le forme liquide di cultura, un prodotto dell’intuizione italiana che ha imparato a far fruttare i propri sbagli, errori da cui spesso nascono nuove forme di esattezza.