E’ successo negli Stati Uniti, ma potrebbe capitare anche altrove.
In questi due mesi di isolamento sociale, da Covid-19, le App per le videochiamate e i meeting online sono state tra le più scaricate e utilizzate.
Aperitivi in compagnia, interviste, spettacoli, intrattenimento, socialità, business, istruzione, tutto ciò che ha tenuto la popolazione in contatto con il mondo esterno, limitando il più possibile l’isolamento, e cercando di far sentire tutti attivi e meno soli, è passato dalle App. Amate, apprezzate e utilizzate moltissimo, come un’ancora di salvezza.
Ma per circa 3mila e 500 lavoratori del servizio clienti e reclutamento di Uber, negli Stati Uniti, la celebre App “Zoom” si è rivelata un terribile boomerang. Con una breve chiamata i dipendenti hanno appreso di essere stati licenziati.
Un business, quello della nota società di trasporto privato, messo in ginocchio dall’epidemia di Coronavirus in tutto il mondo, che ha costretto quindi i vertici a rivedere le strategie aziendali anche in termini di personale.
Resta di fatto il “gelo” con cui l’operazione è stata trattata: nessun preavviso ai dipendenti che si sono ritrovati ad essere soltanto numeri sacrificabili, con una videochiamata collettiva, come riportano fonti vicine all’episodio.
Sarà possibile anche in Italia ricevere sgradevoli comunicazioni, riguardo la propria vita lavorativa, tramite un’App?
La pandemia che ha colpito il mondo ha colpito duramente l’economia globale, cambiamenti e riadattamenti sono assolutamente necessari per evitare una crisi di dimensioni incalcolabili. Sarà soltanto il profitto il tema centrale della ripartenza, o si ripartirà dalla figura professionale e dalla reali competenze dei lavoratori per salvare il salvabile?
Silvia Ramilli