“Smart working” è un termine sassone che in questi mesi di chiusura quasi totale delle attività produttive, per l’emergenza da Coronavirus, è entrato prepotentemente a far parte del vocabolario quotidiano di molti, sperimentato soprattutto nel settore terziario.
In questo periodo di isolamento sociale lo smart working ha rappresentato un’alternativa per proseguire le proprie attività, ma potrebbe davvero essere una valida soluzione per il futuro, in particolare per le donne? Ha davvero dei vantaggi consistenti, derivanti dal conciliare casa e famiglia in maniera più semplice? E quali sono gli svantaggi?
Secondo una ricerca condotta da InfoJobs, ci sono una serie di aspetti che hanno portato il campione di persone intervistate ad apprezzare parecchio questa forma di lavoro, che già prima della pandemia alcune aziende, soprattutto estere, presenti anche in Italia, sperimentavano settimanalmente.
Tra i maggiori vantaggi rilevati, al primo posto spicca il tempo risparmiato negli spostamenti verso i luoghi di lavoro, quindi la flessibilità degli orari molto più gestibili, la possibilità di conciliare più facilmente casa e famiglia soprattutto per chi ha figli, meno distrazioni e la comodità delle videoconferenze.
Lo smart working tuttavia, per il campione intervistato, ha anche degli svantaggi importanti soprattutto legati alla sfera della socialità considerata importantissima anche nei luoghi di lavoro. Al primo posto per quanto riguarda gli svantaggi rilevati c’è la mancanza dei colleghi, con i quali durante la giornata è gradito comunicare, prendere un caffè, trascorrere la pausa pranzo.
E la produttività? Questo dato per la quasi totalità degli intervistati resta invariato, soltanto un 7% dichiara di avere difficoltà nella gestione della famiglia, con ad esempio figli che necessitano di attenzioni, rumori casalinghi o esterni, o difficoltà dovuta ad un solo dispositivo da condividere in famiglia, con il partner anche lui/lei in smart working e/o figli che seguono lezioni online.
La soluzione smart working in generale sembra molto più apprezzata dalle donne, che anche in futuro amerebbero poterla utilizzare con cadenza settimanale (uno o due giorni alla settimana come già previsto da alcune aziende).
Silvia Ramilli