Accusati nelle scorse settimane di omicidio ed epidemia colposi, il Tribunale dei ministri a Brescia ha archiviato nelle scorse ore la posizione dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, indagati nell’inchiesta sul Covid della procura di Bergamo. A Conte e Speranza era stata contestata, in particolare, la mancata istituzione della “zona rossa” tra febbraio e marzo 2020, e la non attuazione del piano pandemico.
I giudici hanno stabilito che “il fatto non sussiste”. Mancano le prove che la zona rossa nei Comuni di Alzano Lombardo e Nembro avrebbe potuto evitare il decesso di più di 4mila persone. Il Piano pandemico poi, del 2006, non è detto che potesse essere efficace per affrontare una situazione in quelle settimane fuori controllo di giorno in giorno, di assoluta novità.
Giuseppe Conte al tempo dei fatti non risulta essere stato informato prima del 2 marzo 2020 di come stava volgendo la situazione, ad Alzano e Nembro, e per questo prima di istituire la zona rossa ha dovuto “valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti”, come il diritto al lavoro, allo studio, al culto, eccetera.
Roberto Speranza non avrebbe mai potuto agire direttamente, perchè spettava alla Regione. I giudici hanno confermato che a lui era “preclusa qualsiasi ingerenza”.