Il mondo della scienza prosegue nelle verifiche che possono aiutare a diagnosticare il diffondersi del contagio da Coronavirus: i pazienti sospetti, risultati negativi al tampone, e identificare quelli asintomatici.
Nelle scorse settimane un particolare risultato si è ottenuto da una ricerca condotta dalla Chongqing Medical University, da Ai-Long Huang che ha scoperto, su poco meno di trecento pazienti analizzati, la presenza nel 100% di loro degli anticorpi IgG, prodotti durante l’infezione e che proteggono a lungo termine.
Tutti i 285 pazienti studiati hanno sviluppato gli anticorpi specifici per il virus dopo circa 17-19 giorni dalla comparsa dei sintomi, mentre quelli con gli anticorpi IgM, presenti quando un organismo entra in contatto con una nuova infezione, fornendo una protezione di breve durata, erano il 94,1%, dopo 20-22 giorni dall’inizio dei sintomi, come si legge in una relazione resa pubblica. Nelle prime tre settimane dalla comparsa dei sintomi, si è verificato un aumento di entrambi i tipi di anticorpi.
Mai prima di questi test era stato chiaro se la risposta degli anticorpi al virus durasse nel tempo, come sembra.
Rimane da stabilire, con ulteriori analisi, possibilmente estese a più campioni con i test sierologici, in quale modalità gli anticorpi IgG neutralizzano il virus. “Il tampone rimane efficace per confermare precocemente l’infezione, ma l’esame degli anticorpi può essere importante come complemento per la diagnosi dei casi sospetti negativi al tampone, e nel sorvegliare le persone entrate in contatto con i malati ma asintomatici”.
In Lombardia, dove sono stati eseguiti analoghi test su pazienti guariti dal Coronavirus, gli stessi, dapprima negativi, sono tornati positivi. Ma nessuno risulta essersi ammalato due volte e la seconda positività si spiegherebbe come “una persistenza di Rna virale e non necessariamente di virus replicante”, come ha spiegato Angelo Regazzetti, infettivologo della ASST di Lodi.