Scene che ad un anno dall’inizio della pandemia nessuno avrebbe voluto vedere (né di nuovo commentare): nella tarda serata di ieri, sabato 27 febbraio, alla Darsena di Milano, luogo di ritrovo preferito soprattutto per la popolazione più giovane della città, si è svolto quello che in tanti hanno definito una sorta di “rave party”, vale a dire una festa, con musica, canti e balli, ma soprattutto caratterizzata da assembramenti di persone anche senza mascherina, contro ogni regola anti Coronavirus, sprezzanti delle probabilità ancora elevate di contagio.
Inutili gli appelli dei virologi e del sindaco Giuseppe Sala che, proprio nelle scorse ore, aveva lanciato un invito ai suoi concittadini di ogni età alla prudenza massima, all’evitare comportamenti scorretti e rischiosi che, come già dimostrato ampiamente da un anno a questa parte, portano ogni volta in una sola direzione: quella dell’aumento delle persone che si ammalano.
Le varianti del virus, come ampiamente spiegato nelle ultime settimane, dai rappresentanti del mondo scientifico, sanitario e anche politico, si stanno diffondendo in fretta, stanno attaccando i soggetti con un’età media attorno ai 44 anni (non più gli over 80) e stanno determinando in tutta Italia la “terza ondata” dei contagi.
Cosa non è ancora chiaro a chi difende a tutti i costi la propria libertà di fare festa, senza scrupoli per la salute della comunità? Da domani, lunedì 1 marzo, la Lombardia torna in zona arancione, e forse ci sarà qualcuno che si chiederà perchè.