Dopo la recente scoperta a livello nazionale che in numerosi Comuni sono stati commessi degli errori nel calcolo della TARI, la tassa sui rifiuti, con maggiorazioni degli importi dovuti, adesso partono le richieste di rimborso, per gli ultimi cinque anni, avanzate anche alla Commissione preposta.
I contribuenti stanno correndo ai ripari, cercando di comprendere quel possibile errore di calcolo, che in tanti casi ha moltiplicato le aliquote previste dalla tassa anche per le pertinenze, quali box e cantine.
Come suggerito dalla prassi più semplice, per verificare l’eventuale conteggio illegittimo basta leggere le voci riportate nella richiesta di pagamento della TARI, e se la quota variabile è stata calcolata anche sulle pertinenze. Se così fosse, si può chiedere il rimborso al proprio Comune inviando una raccomandata, quale avviso bonario.
Se dagli uffici dell’ente locale non arrivano risposte, l’istanza potrà essere depositata all’ufficio ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale, meglio se accompagnati da un avvocato o da un commercialista. Se l’importo da restituire non supera i 3mila euro è possibile muoversi anche senza assistenza legale.
Come previsto dalla legge, “se il Comune invia un diniego al rimborso della maggiore TARI versata, il contribuente deve contestarlo entro 60 giorni dalla sua notificazione. Nel caso in cui, il Comune non si pronunci sull’istanza proposta dall’interessato, anche il silenzio può essere impugnato davanti al giudice, ma solo dopo che sia decorso il termine di 90 giorni dalla presentazione della domanda di restituzione. In quest’ultima ipotesi, il diritto di credito può essere fatto valere fino a che non si sia prescritto” (Fonte La Legge è uguale per tutti).