I dati sull’occupazione femminile in Italia si fanno decisamente preoccupanti e i tre mesi di lockdown, che hanno generato un nuovo stato di crisi, non aiutano sicuramente ad avere una visuale ottimistica in tal senso.
Soltanto nell’ultimo anno sono più di 37mila le lavoratrici, soprattutto le neo mamme, che hanno rinunciato al proprio posto di lavoro.
Tra le motivazioni principali spicca la grande difficoltà nel conciliare il lavoro con il prendersi cura dei figli, specialmente in quelle famiglie dove non ci sono aiuti da parte dei nonni, che sempre più spesso sono ancora forza lavoro a loro volta, e i costi delle baby-sitter sono proibitivi.
Il fenomeno è costantemente monitorato dall’Ispettorato nazionale del Lavoro, impegnato nel controllo capillare delle dimissioni per accertarne la volontarietà, e scongiurare la sgradevole pratica dei licenziamenti delle neo mamme, e a contrastare il pessimo fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”, ovvero le dimissioni fatte firmare dalla lavoratrice all’atto dell’assunzione, da utilizzare nel momento in cui possano insorgere esigenze familiari, considerate “inconciliabili” con l’azienda.
In questo scenario già poco roseo, gli effetti del post-Covid preoccupano parecchio l’Ispettorato del lavoro, temendo che il momento di incertezza e difficoltà di molte attività possa ricadere sulla componente femminile, già più fragile.
In Italia è inoltre difficilissimo ottenere i part-time, segnale che ancora oggi i datori di lavoro non sono pronti a sostenere l’occupazione femminile agevolandone le modalità di conciliazione tra lavoro e famiglia.
A questo proposito, come sottolinea il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, il Governo ha messo in campo alcune linee di intervento che prevedono, tra le altre cose, l’introduzione di “una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni”, un altro problema reale per cui l’Italia deve ancora agire in modo deciso.
S. R.