La notizia sta facendo il giro del mondo, in queste ore, perché del resto è globale la portata del disastro ambientale: la petroliera giapponese Wakashio incagliata davanti alle isole Mauritius, sulla barriera corallina dal 25 luglio scorso, si è spezzata.
Più di 1000 tonnellate di petrolio erano già fuoriuscite dalla stiva della nave, minacciando la sopravvivenza di migliaia di specie animali, e degli abitanti stessi di Mauritius. Oggi si lavora per arginare la perdita di altre 3mila tonnellate di greggio che, se non contenute ed assorbite in fretta, provocheranno un danno incalcolabile all’ambiente e alle popolazioni che abitano in tutta quell’area.
Lo sversamento di petrolio sta minacciando l’ecosistema che conta in quel mare una quarantina di specie diverse di corallo e ottanta diverse varietà di pesci, ma anche alberi pregiati e le famose tartarughe giganti.
Alle operazioni di soccorso stanno partecipando tecnici e mezzi da tutto il mondo, con anche l’aiuto degli isolani, che hanno messo a disposizione le loro imbarcazioni per raggiungere la chiazza di petrolio che si sta allargando, cercando di asciugarla con barriere di paglia e legno, tessuti e canna da zucchero, e reti imbottite persino con i capelli delle donne, che hanno potere assorbente.
Le operazioni sono rese difficili dal meteo che peggiora: è una vera corsa contro il tempo.