Si è svolto nei giorni scorsi a Sesto San Giovanni, hinterland Nord Est di Milano, un particolare momento di incontro, organizzato dal Decanato e Circoli ACLI, con don Francesco Palumbo, cappellano del carcere di Bollate, e due ex volontari che hanno operato nel carcere di Monza, Marcella Giunta e Alessandro Pozzi, per testimoniare la situazione delle carceri, soprattutto in quanto a rapporti umani, necessità di spazi d’ascolto, bisogno per i detenuti e le loro guardie di essere ricordati dalla società, e non dimenticati.
Don Francesco ha tracciato un quadro della situazione in generale, affrontando i temi del sovraffollamento delle celle, della mancanza di percorsi continuativi di riscatto e formazione, della necessità di ricostruire rapporti umani, per guardare al futuro.
“Là dove il carcere è un luogo disumano, in tutto e per tutto, è anche pieno di umanità, che ha bisogno di essere ricordata. Il carcere fa parte della città, come lo sono le scuole, gli ospedali, le strutture pubbliche. Luogo di male, “ferita” della città, ma c’è, esiste, e deve essere pensato e risolto nei suoi bisogni, perchè a suo modo luogo di cura”.
Giunta e Pozzi, raccontando la loro esperienza tra i detenuti e le detenute, tra momenti organizzati per lo svago, ma anche percorsi intrapresi per aiutarli a studiare, hanno messo in evidenza la necessità di costruire “reti” durature attorno a chi vive il carcere, tra volontari, servizi vari, figure professionali come avvocati, educatori, psicologi, per ristabilire rapporti umani con chi deve scontare una pena, o è in attesa di farlo, senza essere privato della propria dignità, dell’ascolto, della speranza.
Il che si traduce, secondo chi visita i carcerati, in educazione, occasioni di apertura a mondi nuovi e diversi da quelli in cui hanno commesso i propri errori, mondi con linguaggi diversi, proposte per ricostruire le proprie vite lungo scenari che conducano davvero a vite nuove.