Sul sito istituzionale del Comune di Busto Arsizio, e’ stato pubblicato il saluto del sindaco Gigi Farioli alla quattordicesima edizione del BA Film Festival, che si è concluso sabato 19 marzo:
“Un ospite ha ricordato, in un’affollatissima sala, che spesso è la colonna sonora dei titoli di coda ad accompagnare lo spettatore. Grave sarebbe immaginare per il BA Film Festival, che la serata finale, immaginata trionfale, possa essere invece ammantata di freddezza, tensioni o, peggio, malintesi e retroscena. Non è così e non può essere così, proprio perché l’arcano e invisibile sceneggiatore ha probabilmente voluto che questa non fosse la serata finale, ma solo un intermezzo di un percorso straordinario che non può che continuare.
Come sindaco, per di più a sorpresa premiato dagli organizzatori come “entusiastico (P)aladino del festival“, commosso ed emozionato fruitore, piuttosto che anfitrione della serata, non ho potuto che rammaricarmi di una serie di certamente non volute e superficiali mancanze. Questo però non può far passare sotto silenzio lo straordinario miracolo di una settimana che, grazie al presidente Munari, al direttore artistico Steve, a Paola Poli, ma soprattutto, ai molti appassionati professionisti e volontari, agli stupendi studenti dell’ICMA, ha superato ogni più rosea aspettativa in termini di pubblico, emozione, passione e riscontro culturale. E allora, se qualche caduta indubbiamente c’è stata, è perché il solito arcano sceneggiatore vuole ricordarci che, nonostante il successo imprevisto e imprevedibile, questa quattordicesima edizione, proprio perché non perfetta, obbliga tutti a non far scendere i titoli di coda, a migliorare, a perseguire con ancor più determinazione, entusiasmo, convinzione e passione un futuro che è già qui e che non può attendere solo il maggio dell’anno prossimo.
Come dimenticare o far passare sotto silenzio che tutta l’impostazione del festival di quest’anno è, se possibile ancor di più di ieri, l’emersione di un fiume carsico che dura tutti i giorni dell’anno?
Come dimenticare che l’edizione di quest’anno è, se possibile ancor di più di ieri, un ponte tra passato e futuro, locale e nazionale, contingente e trascendente?
Come dimenticare che l’omaggio a Dino Risi è solo cominciato a Busto Arsizio, attraverso anche il suo importante e significativo radicamento con i volti, gli spazi e i luoghi del varesotto e dell’alto milanese e continuerà per tutto l’anno per essere suggellato e consacrato al Moma di New York a fine anno?
Come dimenticare che l’invito alla creatività e produzione di sceneggiature che riattualizzi la grandezza di Dino Risi e la sua ancora inimitata capacità di descrivere l’homo novus del miracolo economico italiano è solo partito in questa settimana col lancio del concorso Mostri 2.0, ideato e costruito con la collaborazione dello IULM e del suo prorettore Gianni Canova?
Come far passare sotto silenzio lo stupito, ma sincero, encomio di tutti i professionisti e appassionati operatori del cinema di fronte a una città che è apparsa a tutti loro, come da dichiarazioni private e pubbliche, una vera “città del cinema”, come del resto sottolineato già dall’UNESCO?
Come non sottolineare la capacità di porsi come evento culturale a tutto tondo, come perno di un volano di sviluppo in cui istruzione, formazione, professione, divertimento, aggregazione, socialità costituiscono uno sguardo non distaccato e univoco?
Come dimenticare la giornata di Mediafriends con don Gino Rigoldi e con i giovani delle periferie milanesi, protagonisti di desideri e sogni destinati a non morire all’alba, ma a tradursi in protagonismo responsabile?
Come non sottolineare, ancora una volta, la partecipazione, il silenzio, l’emozione, la composta e intelligente provocazione dei giovani e delle scuole che hanno ancora una volta stupito tutti i loro interlocutori di ogni età, di ogni provenienza, di ogni sensibilità, di ogni ruolo professionale?
E come non rimanere positivamente impressionati dal fatto che proprio questi giovani abbiano scelto il film più difficile, più lontano, più complesso per l’adolescenza, come opera a cui tributare il successo del loro momento (Youth di Sorrentino)?
Potrei continuare a lungo e, similmente al festival di quest’anno, senza un punto e a capo. Anch’esso in grande ambivalenza tra il punto interrogativo ed esclamativo. Ma mi fermo qui, perché, come ebbi a dire già qualche anno fa, ciò che è nato, ciò che vive, ciò che ha dato frutto, come tutti gli amori più veri, mai onanistici, ma sempre fertili, ciò che abbiamo entusiasticamente vissuto per sette giorni, – dall’Assolo della Morante, al tributo ai nostri enfants du pays, Max Croci, Ivan Calcaterra, Stefano Mocchetti, da Per amor vostro a Perfetti sconosciuti – è davvero un miracolo.
Non un miracolo a Milano, ma un miracolo a Busto Arsizio. E come si dice in un passaggio storico dei dialoghi di quel miracolo (a Milano), Busto Arsizio è una città in cui buongiorno significa davvero buongiorno, ed ecco perché il mio e il nostro arrivederci significano davvero arrivederci. L’altra sera, presi dal vortice di un ritmo incalzante e forse eccessivamente veloce, i saluti e i ringraziamenti mi hanno tolto la possibilità del tradizionale, accalorato, appassionato saluto. Voglio credere che, ancora una volta lo sceneggiatore arcano abbia voluto far così per dare lui, sì, un segnale. Come ha argutamente definito Diego Pisati nel fondo di domenica, il BAff non è, né è mai stato, il Busto Arsizio Farioli Festival. E’ un patrimonio di tutti, grazie a chi l’ha inventato, a chi l’ha presieduto, a chi l’ha condotto, a chi lo dirige, ma lasciatemelo dire ancora una volta, soprattutto a quell‘enorme sistema di giovani e meno giovani professionisti e volontari per una settimana o per un anno, agli studenti dell’Istituto cinematografico e delle scuole che lo rendono così unico e irraggiungibile. Insomma, per non dimenticare Matilde Gioli, splendida, educata, professionale, colta madrina, forse non sfruttata in pieno, grazie allo straordinario capitale umano che qui è nato e vive. Un abbraccio caldo, sincero, appassionato a tutti, nessuno escluso, a cominciare da quei tanti bustocchi e non che avrebbero voluto sentire il mio saluto al Sociale, che avrebbero desiderato condividere un bicchiere e una risottata con i loro beniamini, ma che, accettando le mie scuse, capiranno che, non solo il sottoscritto, ma anche l’intero staff del BAff, vogliono loro molto bene e lavoreranno ancora per loro e per le nostre comuni passioni.
Gigi Farioli, sindaco di Busto Arsizio
p.s. chi mi conosce, sa che non so cosa avrei detto sabato sera, so solo che ho sofferto di non poterlo dire, ma oggi è un altro giorno. E domani un’alba chiara sorgerà. A proposito, comunque, per Busto, Farioli c’è e ci sarà, e statene certi, non ci fa.”