“Una vergogna! Dopo aver, forse, tagliato di 30,5 cent i prezzi dei carburanti, 25 cent di accise e 5,5 cent di Iva, riduzione che doveva scattare il 22 marzo, data di entrata in vigore del decreto Ucraina, hanno pensato bene di fare già retromarcia e di riprendersi subito parte di quei soldi e così i prezzi non sono nemmeno tornati ai valori precedenti lo scoppio della guerra nemmeno per la benzina. Insomma, dopo che settimana scorsa, grazie all’intervento della Procura di Roma e dell’Antitrust, da noi attivata, vi era stata una pausa nei rincari, le speculazioni sono già allegramente riprese”, denuncia Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Come si legge in una nota dell’UNC, la benzina in modalità self service è a 1,870 euro al litro, appena 26,7 centesimi in meno rispetto a una settimana fa, ben sotto i 30,5 centesimi previsti, un prezzo superiore a quello della rilevazione del 28 febbraio, pari a 1,869 euro al litro, mentre il gasolio è 1,858 a euro al litro, solo 26,7 centesimi inferiore alla rilevazione del 21 marzo, maggiore al dato registrato il 7 marzo, quando era 1,829 euro. In entrambi i casi, valori superiori a quelli pre-conflitto in Ucraina, secondo lo studio condotto sui dati settimanali (al 29 marzo) resi noti dal ministero della Transizione Ecologica.
“In particolare, da quando è scoppiata la guerra il 24 febbraio, come dimostra il confronto rispetto alla rilevazione del 21 febbraio, un litro di benzina, nonostante l’intervento del Governo, è rincarato di oltre 2 centesimi, +1,1%, pari a 1 euro e 3 centesimi per un pieno da 50 litri, 25 euro su base annua, un litro di gasolio è aumentato di quasi 14 cent, +7,9%, 6 euro e 78 cent a rifornimento, equivalenti a 163 euro annui. Il Governo deve intervenire nuovamente, intanto per prolungare la riduzione delle accise fino a che le speculazioni non si saranno interrotte e poi, come da noi chiesto fin dall’inizio, per raddoppiare la riduzione delle accise da 25 a 50 centesimi”, dichiara Dona.